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IL FISIOTERAPISTA DI COMUNITA’

ROMA, 6 MARZO 2022 – La discussione sulla riorganizzazione dei servizi e dell’offerta sanitaria territoriale è nel pieno della sua evoluzione. La pandemia ha senza dubbio portato all’attenzione generale l’importanza della pianificazione e strutturazione di modalità innovative di risposta alla presa in carico nella long term care, traducendo il nuovo scenario all’interno della definizione del PNRR.

Al momento però si fa fatica ad includere nel perimetro delle cure primarie alcune professioni che da molti anni affrontano le tematiche della cronicità ma sono probabilmente viste ancora come risorse molto “specializzate”, e dunque da coinvolgere in seconda battuta, anziché come professioni sanitarie di prima risposta ai bisogni del cittadino.

Certamente la professione del Fisioterapista è tra queste, occupandosi dei bisogni collegati alle patologie del movimento, cardio-respiratorie e oncologiche, ovvero la stragrande maggioranza delle patologie croniche.

Per queste ragioni la Commissione di albo nazionale dei Fisioterapisti, di concerto con alcune realtà territoriali, sta supportando la definizione della figura del Fisioterapista di Comunità.

Alcune regioni hanno già approntato dispositivi normativi (Toscana e FVG) e altre si apprestano a discuterne (Piemonte), tenendo così viva l’attenzione sulla figura del fisioterapista di famiglia e di comunità.  Al Senato ci sono due proposte di legge istitutive di queste figure, con sfumature e declinazioni peculiari. 

Infatti, il disegno di legge del Senato n. 2339 firmato dalla Senatrice Boldrini, articolo 1 comma 2, recita: “Il fisioterapista di comunità è un professionista sanitario fisioterapista, dipendente di azienda sanitaria locale, con l’incarico di operare all’interno del team multiprofessionale delle cure primarie, nell’ambito delle articolazioni specifiche del distretto di cui all’articolo 3-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, stabilite dalla normativa nazionale e regionale. L’incarico è attribuito dall’azienda sanitaria locale con il compito di identificare e adottare le migliori strategie per la prevenzione, la valutazione, il recupero, l’abilitazione e la palliazione, nonché con l’obiettivo generale di contribuire a migliorare la qualità di vita dell’individuo e dei suoi familiari o del suo care-giver.”

Quindi un Professionista della salute, che collabora in team per la promozione della salute e del benessere della Comunità, che non garantisce solo prestazioni.

Sul “fisioterapista di famiglia”, invece, si può leggere nel disegno di legge del Senato n. 2257 a firma del Senatore Pagano, articolo 3 comma 1 e 2: “Il fisioterapista di famiglia è responsabile dell’assistenza fisioterapica domiciliare del paziente nei casi in cui le sue specifiche competenze professionali sono adeguate e sufficienti a garantire tale assistenza. Per «assistenza fisioterapica domiciliare» si intende la modalità di assistenza sanitaria erogata presso il domicilio del paziente dal fisioterapista in collaborazione con il medico di medicina generale in alternativa al ricovero ospedaliero, destinata a persone con patologie trattabili a domicilio e volta a favorire il recupero funzionale o il mantenimento delle abilità motorie, cognitive e funzionali, anche con interventi di assistenza protesica per la permanenza della persona assistita nel proprio ambiente.” Sul rapporto tra ASL/AUSL/ATS ed il professionista, invece, l’articolo 4 comma 1 definisce: “Il rapporto di lavoro del fisioterapista di famiglia può essere in regime di dipendenza o, previa stipulazione di uno specifico accordo nazionale unico ai sensi dell’articolo 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, in regime di libera professione.” 

Come si può leggere, la differenza tra le due figure è sostanziale e non si crea una sovrapposizione tra di esse, senza essere allo stesso tempo antitetiche. 

Si tratta di professionisti sanitari attivi sul territorio, necessari sia per l’organizzazione e la rilevazione dei bisogni di salute e per la prevenzione, in ambito fisioterapico e  riabilitativo, che per le cure dirette alla persona.

C’è grande fermento intorno a queste nuove possibilità lavorative, tanto che stano nascendo master universitari e corsi di formazione specifici, che serviranno a fornire le competenze necessarie ai colleghi che si approcceranno al lavoro nell’ambito delle cure primarie e dell’assistenza domiciliare.

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